San Vincenzo Martire

Il corpo di Fabbrica

Fuori la facciata della chiesa presenta un singolare profilo a salienti. In alto, al centro, c’è una finestra “polilobata” e l’ingresso è costituito da un arioso protiro, sottolineato da colonne in stile rinascimentale. Caratteristico il portale dell’entrata principale, realizzato in marmo grigio e bianco.

L’interno

Il presbiterio, di forma quasi quadrata e con volta a botte, poggia sopra una cripta risalente, pare, all’anno mille, è rialzato e vi si accede da uno scalone di nove gradini, protetti da una originale balaustra piegata in alto ad angolo, di fronte all’altare. Le pareti sono coperte da tre grandi “teleri” di Antonio Cifrondi, noto pittore Clusonese, vissuto a cavallo tra i secoli XVII e XVTC . Raffigurano a sinistra e a destra: «La Pentecoste» e «L’Adorazione de. Magi» (entrambi di cm 460 x 550) datati rispettivamente 1695 e 1696, e al centro: «Il Martirio di S.Vincenzo» (cm 445 x 460) non datato, ma che per le sue evidenti affinità artistiche rientra con certezza in questo periodo.

L’altare maggiore è di Antonio Corbarelli con la ricchezza dei suoi marmi policromi, a intarsio.

Da notare il lavoro di intaglio della porticina lignea del tabernacolo, raffigurante il Cristo morto sostenuto dagli Angeli.

Le cappelle e le opere

Davanti al presbiterio, si trovano sei cappelle, disposte simmetricamente, tre a sinistra e tre a destra.

Tra gli artisti che qui figurano ricordiamo volentieri Gianantonio Guardi (I699-I76O) veneto, Domenico Carpinoni (1566-1658) e Antonio Cifrondi (1667-1730), clusonesi.

Sinistra:
La prima, con altare e ancona di marmo grigio venato e la tela di Gian Antonio Guardi, rappresenta senza dubbio il punto di forza della chiesa stessa. Il Guardi è “pittore fantasioso che gareggia con il Tiepolo in certi guizzi accesi del pennello, col Pittoni nella morbidezza degli impasti, e che ha pure una maniera tutta sua di spezzare la forma per ottenere vaporosità deliziose” (Morassi). Rappresenta senza dubbio il punto di forza della chiesa stessa Il disegno preparatorio per la pala di Cerete, si conserva all’Ashmolean Museum di Oxford. Sulla pala a sinistra troviamo la raffigurazione di «S.Francesco in estasi». È del Cifrondi e risale all’ultimo periodo della sua attività in bergamasca, dal 1716 al 1720.
L’altare della seconda cappella, dedicata al «Crocifisso» è in marmo nero ornato di lesenine di marmo grigio a lumachelle. Qui vengono custodite le reliquie del martire romano S. Vincenzo, protettore di tutti i ceretesi, e il «Cristo Grande» dipinto dalla bottega di Andrea Fantoni. Ai lati dell’altare, due tele del Cifrondi raffigurano «S.Pietro liberato dal carcere» e «S.Paolo istruito da Anania dopo la conversione».
La terza cappella, meno rilevante rispetto alle altre due è detta “della Concezione”
don Silvestro Ferri e sopraelevata nel 1950.

Destra:
La prima cappella è dedicata a S.Antonio. Al centro fa spicco la tela di Domenico Carpinoni, con «La Madonna protesa verso S. Antonio il quale tiene tra le braccia il Bambino Gesù». Due colonnine tortili nere sostengono le statue raffiguranti la Fede, la Speranza e la Carità. Ai lati le tele che illustrano miracoli di S. Antonio sono attribuite al Cifrondi (intorno al 1725).
La pala centrale della seconda cappella, di autore ignoto, raffigura «La SS.Trinità e S.Michele» ed è dedicata all’Arcangelo (1639). Nel sottovolta, in rilievo, lo stucco di S.Michele con gli Arcangeli Raffaele e Gabriele. Le tele laterali, rappresentanti «Il transito di S.Giuseppe» e «La fuga in Egitto» sono attribuite al Cifrondi.
Nell’altare della terza cappella troviamo «La Madonna del Rosario» attorniata dagli angeli e da due santi inginocchiati: S. Domenico e S. Caterina. Lungo i bordi della tela sono illustrati i misteri del Rosario: autore Domenico Carpinoni. Altre due grandi tele ricoprono le pareti laterali: «L’Annunciazione» e «La Natività».
Degni di particolare attenzione sono gli intagli in legno dei confessionali (del 1624 quello a destra, del 1758 quello a sinistra) e della cupola che copre il fonte battesimale, chiuso a sua volta da una balaustra in arenaria di Sarnico, Il pulpito, posto tra la seconda e la terza cappella di destra, è del 1750 e vi si accede da una scaletta con barriera in noce, ornata di formelle in radica.
Dalla parte opposta, vicino alla sagrestia, si trova la torre campanaria, fatta innalzare nel 1518 da don Silvestro Ferri e sopraelevata nel 1950.
Degno di nota è il crocefisso di Andrea Fantoni. La statua, restaurata nell’88, è realizzata in tiglio “a tutto tondo e policroma”; misura 260 cm e 150 di larghezza. In questa opera “il Fantoni scolpisce una figura di estrema naturalezza: il volto è un ritratto; il corpo ha connotazioni di acuto e preciso verismo, per la proporzione e l’anatomia perfetta […] Si tratta di un bellissimo corpo giovane, virile, slanciato: un vero corpo d’uomo appeso ad una croce […] Morto, ma non assente dalla vita […]. È un Cristo dolente e amante per il quale non ha senso la parola fine (Dott. Martinenghi Rossetti).

La cripta:
Discesi nella cripta per quanto riguarda le composizioni nei vari riquadri a lato (un Papa, Prelati, Santi, Martiri) e nel pannello al centro delle costolature, (Gesù coi suoi discepoli e la Madonna), possiamo dire con certezza che risalgono alla prima metà del Seicento, precisamente al periodo che va dal 1614 al 1634. Sopra l’arco d’ingresso possiamo vedere ciò che resta di un busto virile, cui manca la testa, e a destra è ancora leggibile una data in cifre romane. La ducale di Francesco Erizzo del 14 febbraio 1635 fa riferimento alla proditoria uccisione del «Curato di Cerete Basso, Pre Gioseffo Vinetti». Dalle carte parrebbe che Padre Vinetti sia stato tumulato in questi spazi insime al proprio predecessore e zio padre Perinei, morti entrambi in circostanze misteriose. In epoca moderna è stato trovato sotto il pavimento del sepolcro un sarcofago contenente due corpi di religiosi.

La storia:

Difficile dimostrare quando è sorta la chiesa di S. Vincenzo, data la scarsità di tracce. Si può comunque inquadrare la data della sua consacrazione in un lasso di tempo che va dal 1393, anno in cui Cerete venne bruciata dai Ghibellini, e la metà del 400.
È provato che una chiesa dedicata a S. Vincenzo esistesse anche prima delle lotte tra Guelfi e Ghibellini. L’incendio del 93 divenne forse l’occasione per un rifacimento ex novo visto il continuo allargarsi del primo centro abitato Cantono.
Alcuni documenti anteriori al Mille proverebbero addirittura che a quei tempi la chiesa di S.Vincenzo esisteva già sul fondovalle, proprio nel luogo dove si trova attualmente.
In tal caso sarebbe giustificata la presenza dell’altare sotterraneo, ritenendo lo «scurolo» più che una normale cripta, l’originaria sede della chiesa stessa, rimasta sepolta, probabilmente in seguito ad un’inondazione. Testimonianze risalenti all’anno 1600, attestano la presenza nel 1500 di una sagrestia a un livello più basso di quello attuale. Don Pietro Marinoni, nella relazione del 1711, scrive che la chiesa è stata ricostruita conservando parte delle vecchie strutture.
Nel 1535 abbiamo invece le prime notizie relative all’architettura dello stabile: chiesa a una sola navata e quattro altari, uno centrale e tre laterali, uno a sinistra e due a destra per chi entra dal fondo. Tetto in legno. Da notare la singolarità della disposizione.
Nel 1560 viene costruito un nuovo altare, dedicato ai S.S. Silvestro, Antonio e Caterina, e dotato di due sepolcri.
Nel 1659 la chiesa viene ampliata presentando otto altari, avanzato l’altare maggiore, ricostruita la porta maggiore e creata al di sopra di essa di una finestra “ORBICULARIS”. Seguono i restauri del 1747, 1911, 1973, 2014, più incentrati sulla conservazione del bene.

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