La Torbiera di Cerete

Le torbiere sono ambienti caratterizzati da grande abbondanza di acqua (acquitrino o palude) in movimento lento ed a bassa temperatura; in tale ambiente si sviluppa una vegetazione prevalentemente erbacea tipica di luoghi umidi. In un ambiente umido e freddo, in presenza di consistenti quantità di composti tannici e di sostanze acide, l’attività dei batteri che naturalmente degenerano la sostanza organica viene fortemente inibita, per di più l’ambiente limoso e povero di ossigeno rende inospitale la vita dei microrganismi. Il materiale vegetale che deriva dal ciclo biologico delle piante, tende quindi progressivamente ad accumularsi in strati senza degradarsi, dando origine alla torba, unitamente a resti di animali come gli insetti. In alcuni casi la decomposizione è talmente inibita da conservare in modo stupefacente resti di manufatti, animali e umani. Le torbiere documentano gli eventi geologici e climatici che hanno modellato il territorio e documentano la storia del paesaggio.

La torbiera di Cerete

Tra 20000 e 15000 anni fa circa, le montagne della Lombardia erano quasi interamente coperte da una coltre glaciale. Tra i 15000 e i 10000 anni fa la superficie del ghiaccio si è ritirata progressivamente, sia pure con fasi di riavanzamento momentaneo (dette stadi tardiglaciali), fino a ridursi alla situazione attuale.
Il territorio di Cerete e tutta la media Valle Borlezza sono stati più volte interessati da uno dei flussi glaciali che si diramavano dal ghiacciaio della Valle Camonica. La sua origine era nelle alte valli del gruppo montuoso dell’Adamello, sede ancora oggi di alcuni apparati glaciali locali.

La Valle Borlezza arriva ad altitudini troppo basse per aver potuto, anche in passato, accogliere propri ghiacciai. Perciò, durante le fasi di espansione glaciale, era libera dai ghiacci e vi scorrevano corsi d’acqua simili a quelli attuali. Il ghiacciaio camuno poteva fluire liberamente entro la depressione valliva e riempirla. Un ghiacciaio non ha un comportamento rigido, ma è una massa che ha elasticità, viscosità e plasticità proprie e si muove da zone più elevate verso zone a minore altitudine. E qui una diffluenza del ghiacciaio dell’Oglio “entrava” nella valle e la riempiva. La sua superficie si abbassava gradualmente di quota fino a raggiungere il fondovalle del Borlezza, dove si situava la fronte glaciale.

Le acque dei torrenti locali, a causa dell’ostruzione della valle operata dal ghiacciaio, davano luogo a temporanei laghi di sbarramento. L’acqua del Borlezza e dei suoi affluenti riusciva comunque a defluire verso valle attraverso passaggi nei detriti o al di sotto della lingua glaciale.

La “diga glaciale” era invece molto efficace nei confronti dei detriti trasportati dai corsi d’acqua. Essi si depositavano a monte della fronte glaciale e formavano strati successivi di sedimenti di natura alluvionale.

Ad ogni avanzata glaciale veniva quindi edificata una piana alluvionale sostenuta dalla fronte dello stesso ghiacciaio; durante la sua fase di ritiro il torrente incideva e terrazzava questa piana. I versanti vallivi, senza la presenza della copertura vegetale, venivano rapidamente erosi. I detriti si accumulavano allo sbocco delle valli maggiori. Le testimonianze glaciali sono presenti su buona parte del bacino del Borlezza: dossi morenici, terrazzi, conoidi sospesi sostenuti dalla fronte glaciale, allineamenti di massi erratici o erratici isolati e depositi glaciali variamente alterati.

Verso i 14500 anni col BP si verificò un riscaldamento climatico: le foreste di conifere, che avevano progressivamente ricoperto i versanti, si infoltirono e l’accumulo di detriti rallentò. Il torrente incominciò ad incidere lo sbarramento, il livello del lago iniziò ad abbassarsi e la vegetazione palustre si diffuse, formando una torbiera con varie specie come carici salici, sassifraghe di sorgente, vegetali di acque basse e piante carnivore come la pinguicola. Intorno si sviluppava una vegetazione di alte erbe e nelle zone circostanti la torbiera erano presenti boschi di betulle e dense pinete. Circa 13700 anni fa il torrente, che aveva riempito il bacino lacustre di sabbie, seppellì la torbiera con i suoi depositi.

 

Lo strato di torba di maggior spessore, e utilizzato come combustibile fino a qualche anno fa, si è depositato in tempi più recenti. Infatti, tra 5500 e 4200 anni fa, nel Neolitico recente, tutta la piana alluvionale di Cerete Basso, la parte del territorio individuabile attualmente dal ponte di via Faccanoni verso nord, divenne di nuovo una grande palude-torbiera. Il clima, divenuto più caldo rispetto alla fase precedente, favorì il rapido sviluppo di canne di palude, cariceti e boschi palustri di ontano. Intorno a questo ambiente crescevano dense faggete. In circa 1000 anni si depositò più di un metro di torba, che attualmente si è ridotto a quasi 60 cm a causa della compressione esercitata dal peso dei sedimenti che la ricoprono. Gli effetti di questa compattazione resero la torba un materiale interessante, da utilizzare come combustibile, tra l’Ottocento e gli anni della Seconda Guerra Mondiale.

Gli studi hanno dimostrato che la torbiera venne coperta da altri sedimenti all’inizio dell’età del Bronzo, quando il paesaggio alpino iniziò a trasformarsi con l’insediamento in quota delle popolazioni comune. Questo brusco seppellimento fu causato da una variazione del regime idrodinamico del torrente Borlezza, forse provocato dai primi estesi disboscamenti a monte, nella zona della Presolana. Si può ritenere che le vicende della torbiera di Cerete si interrompano bruscamente 4200 anni fa. Nella zona della torbiera si formò una nuova pianura alluvionale (ghiaie), sulla quale è sorto il centro abitato di Cerete Basso.

Così nella nostra terra abbiamo un importante archivio naturale in cui è possibile studiare la storia della transizione tra l’ultima glaciazione e il presente interglaciale (20000-11550 anni fa) nonché il periodo prima che l’uomo iniziasse a trasformare l’ambiente con l’agricoltura e l’allevamento (11550-7500 anni fa –Olocene), fino ad arrivare al Neolitico (7500-4500 anni fa). Questi depositi, a distanza di migliaia di anni, sono in grado di raccontare la storia della biodiversità e del clima delle valli Bergamasche. E’ come avere un’istantanea di un periodo storico ben definito della storia della Terra, ragione per cui La Torbiera di Cerete e l’attività di ricerca ad essa connessa è una delle “finalità prioritarie” caratterizzanti il nostro Ecomuseo.

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